Ma essi, tornati sul trono di Napoli, avevano poi tradito tutto, e cominciato a offender l'isola e il suo popolo, chiamandola negli atti pubblici: "Terra di là dal faro", quasi come a dire paese barbaro. Onde le sue rivoluzioni del '20 e del '48, e un odio crescente sempre e tanto, che l'isola si sarebbe messa sotto l'Inghilterra, la Russia, la Francia, sotto chi si fosse che l'avesse voluta, pur di esser levata da dipender da Napoli. Ora quella passione si rivolgeva all'Italia, a chiamar lei, l'Italia del nord che doveva ascoltarla. E Garibaldi dov'era, che cosa faceva?
Garibaldi e Cavour.
Garibaldi stava in Torino alle prese col Conte di Cavour, perché avvenuta la cessione di Nizza alla Francia, credeva che egli la avesse patteggiata fin dal '57, quando aveva concertato con Napoleone l'aiuto militare del '59. Invece la cessione era seguita per una soperchieria di Napoleone, che oltre la Savoia, per non opporsi all'annessione dell'Emilia e della Toscana al regno di Vittorio Emanuele, aveva voluto anche Nizza. Cavour aveva fatto di tutto per salvarla, ma non v'era riuscito; e Garibaldi pareva contro di lui implacabile. Ma il 7 aprile gli capitarono a Torino il Bixio e il Crispi, i quali "a nome degli amici comuni per l'onor della rivoluzione, per carità della povera isola, per la salute della patria intera," lo pregarono di mettersi a capo di una spedizione e di condurla in Sicilia. E Garibaldi che forse meditava un moto popolare in Nizza stessa, per salvarla lui se Cavour non aveva potuto; messo in disparte questo e ogni suo pensiero, accettò e decise di far l'impresa.
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