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      Uguali cose avvenivano a Quarto. Là verso le dieci c'era folla anche più fitta che alla foce. Tutta la via che si svolge intorno a quel piccolo seno di acque era stipata. Nella villa Spinola entravano, dalla villa uscivano frettolosi uno dopo l'altro incessanti messaggeri; a ogni momento si faceva tra la folla gran silenzio, si udiva dire: "Eccolo!" No, non era ancora Garibaldi. Poi la folla fece un'ultima volta largo più agitata, tacquero tutti: finalmente era Lui!
      Garibaldi attraversò la strada seguìto da Turr e da Sirtori, allora già colonnelli, e per un vano del muricciolo rimpetto al cancello della Villa, discese franco giù per gli scogli. E cominciarono i commiati. Tra gli altri bello e forte è narrare quello di uno Stefano Dapino cui suo padre, vecchio amico di Mazzini e dei fratelli Ruffini, aveva accompagnato fino a quel passo. Quel padre aveva con sé anche un altro figliuolo più giovane. Conversavano tranquilli come se il figlio partisse per una caccia; poi senza parole, senza sospiri il padre abbracciò il figlio, stettero un poco stretti prima essi due, poi tutti e tre, finché Stefano che aveva alla spalla la carabina, baciò il fratello, gli fece segno come a raccomandargli il padre, si staccò da loro e discese per dove scendevano alle barche i suoi compagni. E quel padre e quell'altro figlio si persero fra la folla, portando alla casa lieta di altre gioie, ricchezza, bellezza, onore, quell'amara gioia d'esser stati a quella fortissima prova.
      Piccole cose tra le grandi, nelle ore dell'attesa, qua e là per e vie di Quarto, sugli usci delle casupole, quelli che dovevano partire si sentivano dare dai pescatori, dai marinai, certi consigli semplici, ma d'amore.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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