La comandava Benedetto Cairoli, che allora aveva già trentacinque anni. E pareva così contento, in quella sua bella faccia di giusto, aveva un'aria così paterna, che uno avrebbe detto: "Certo a costui è stato affidato ogni soldato dalla madre in persona, perché, se non è necessario sacrificarlo, glielo riconduca puro e migliore." Ah, il contatto con quell'anima! Molti vanno ancora pel mondo che vissero giovinetti sotto quell'occhio, in quei giorni di altissima scuola; e ne portarono la luce tra la gente, che, pur divenuta scettica, pensa che un mondo migliore debba essere stato, e spera che torni.
Era luogotenente del Cairoli il Vigo Pellizzari, da Vimercate, bello e giocondo giovane, di ventiquattro anni, nato coi più bei doni di natura, ma sprezzatore superbo fin di sé stesso. Amava la vita, avrebbe potuto averla felice, non volle. Scherzava con la morte, pareva che l'andasse cercando per schiaffeggiarla, e che la morte lo scansasse, tanto era ardimentoso. Sette anni di poi, le si diede irato a Mentana gridando insulti ai francesi.
Sottotenenti della compagnia erano Biagio Perduca di venticinque anni e Nazzaro Salterio di trentasei. Pavese quello, aveva personale giusto, viso fiero ma a certi momenti dolcissimo. Non morì in guerra e fu sorte crudele, perché doveva finire di là a quindici anni con la luce della mente già spenta. Invece il Salterio visse cinque anni più di lui, e quando fu l'ora sua cadde di colpo, sano e intero, nella sua divisa di colonnello, come uno fulminato sul campo.
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