E il 1° ottobre cadde a Maddaloni, comandante di un battaglione rimasto celebre col suo nome; consolazione grande questa al prode nei dolori che durarono due mesi a consumarlo e a farlo morire. Il Ziliani bellissimo, robustissimo e giocondo, per qualche cosa che aveva nel far suo metteva la soggezione, e temperava solo con la sua presenza anche i più spensierati e chiassosi. Dove egli capitava, fossero pur allegri i discorsi, tutti diventavano serii, le lingue si facevano caste, di cose frivole nessuno sapeva più dirne. Crebbe su agli alti gradi, ma non se ne volle giovare: tornò modestamente alle case patriarcali da dove non uscì che per le altre guerre; vi si chiuse alla fine a farsi crescere intorno una famiglia secondo il suo cuore, e in mezzo ad essa invecchiò, ricordando ed amando i campi e le plebi.
Altri medici in quel piccolo corpo erano Oddo-Tedeschi d'Alimena e Gaetano Zen di Adria; e del resto se ne trovavano sparsi in tutte le compagnie, combattenti dei migliori e da combattenti infermieri. A Calatafimi ne furono visti tra un assalto e l'altro deporre il fucile, tirar fuori ferri e bende, curare qualche ferito; ripigliar su l'arma, e andar a farsi ferire.
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La storia dovrebbe aver già detto e dirà che quella spedizione fu più che per metà composta d'uomini di studio e d'intelletto. Ne contava più d'un centinaio e mezzo che erano già o divennero poi avvocati; e così come questi un centinaio di medici, un mezzo centinaio di ingegneri, una ventina di farmacisti, trenta capitani marittimi, dieci pittori o scultori, parecchi scrittori o professori di lettere e di scienze, tre sacerdoti, alcuni seminaristi.
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