Se i due vapori si fossero imbattuti nella crociera napolitana, avrebbero dovuto arrendersi o avventarsi cannoneggiati contro le navi borboniche, lanciarsi all'arrembaggio da disperati, e farsi saltar in aria con esse o pigliarsele. Chi sapeva mai! Con Garibaldi e con Bixio alla testa, tutto era possibile. Ma se invece fossero stati catturati e menati nel porto di Napoli, dove quel Re potesse veder Garibaldi e i suoi là, sotto le finestre della reggia, prima di farli morire forse tutti, o empirne le sue galere? Chi amava, pensava così e temeva e sperava; e forse non sarà mancato chi anche peggio della cattura avrà augurato una tempesta di cannonate sui due vapori e il fondo del mare a chi vi era su, per tomba.
Ma i due vapori andavano ancora sicuri. E andarono tutta la notte e tutto il giorno dipoi, che era il 10, senza veder che cielo ed acqua come se fossero nell'Oceano. A bordo, i pavesi cantavano. Tutto era quieto. Solo a una cert'ora prima del mezzodì, ci fu un po' di trambusto, perché uno del Lombardo si era gettato in mare, pel dolore di non essere riuscito a farsi inscrivere nei Carabinieri genovesi. Fu subito fermato il vapore; una lancia vogò come saetta, giunse dove quell'uomo si dibatteva tra le onde, e uno della lancia si chinò, lo tirò su mezzo morto ma come fosse un gingillo. Quel forte dalle braccia così gagliarde doveva essere, era certo il figlio di Garibaldi. A bordo si diceva così, perché così le moltitudini fanno la loro poesia, e infatti quel forte era proprio Menotti.
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