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      Ma allora sonò la voce di Garibaldi:
      - Capitan Bixio!
      - Generale! - urlò Bixio. - Indietro! Macchina indietro! Generale, non vedevo i fanali.
      - E non vedete che siamo in mezzo alla crociera nemica? -
      La commozione era stata così grande, il passaggio dallo sgomento, dall'ira, dalla ferocia alla gioia così repentino, che la parola 'crociera' non fece quasi niun senso, e tutto fino a un certo segno tornò quieto. Intanto Garibaldi e Bixio si concertarono, poi i due vapori ripresero la via l'un presso l'altro verso l'Africa, sempre però il Piemonte un po' avanti. Così andarono fino all'alba, e per le prime ore del mattino, in quell'acque tra la Sicilia e le coste di Barberia, ma senza mai perder di vista il gruppo delle Egadi; Levanzo lontana, Maretimo più in qua, ancor più in qua verso loro la Favignana. A bordo del Lombardo un Galigarsia, nativo di quell'isoletta, povero milite che doveva morire quattro giorni dipoi a Calatafimi, diceva ad un gruppo di quei suoi compagni che in quell'isoletta così bella v'era un carcere profondissimo sotto il livello del mare, dove stavano chiusi sette compagni di Pisacane sopravvissuti all'eccidio di Sapri. Condannati al patibolo e poi graziati, morivano ogni ora un po' in quella fossa maledetta.
      Ma il sentimento del pericolo presente, la maravigliosa vista delle cose in contrasto col disgustoso stato in cui tutti si trovavano, pigiati da tanto tempo su quel legno, non lasciavano quasi posto alla pietà per chi dolorava altrove. Del resto, l'ora era decisiva: o presto quei miseri sarebbero usciti liberi, o avrebbero avuto dei nuovi compagni.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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