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      Tali spiriti si venivano formando negli animi anche di quelli che non avrebbero saputo spiegarsi a manifestarli, così come uno quasi senza che se ne avveda si ritempra d'aria pura.
      Schierate fuor di Marsala sulla via che mena a Sciacca, stavano tutte le compagnie con gli altri piccoli corpi. Il tempo era bello e fresco, la guazza sull'erbe magre di quello spiazzo pareva quasi una brinata. Il mare dormiva: lontani, già verso l'Egadi, i legni napolitani rimorchiavano il Piemonte. E per tutto era una quiete diffusa, anche nella città che pareva avesse già dimenticato il turbamento del giorno innanzi. Pochi cittadini si aggiravano intorno alle compagnie. Qualcheduno armato di doppietta era là per seguirle. Faceva senso tra gli altri un signore, forse di trentacinque o quaranta anni, taciturno e pensoso. Si chiamava Gerolamo Italia. Egli di là fino all'ultimo di quella guerra nel Regno, marciò poi, fido alla 6° Compagnia, semplice milite, sempre pensoso e modesto.
      Una tromba suonò in distanza, poi comparve Garibaldi a cavallo. Indossava camicia rossa, portava i calzoni grigi da generale ma senza le strisce d'argento, e in capo teneva il suo solito cappello dalla foggia che allora si diceva all'Orsini o anche all'ungherese, come glielo hanno poi fatto gli scultori quasi in tutti i monumenti; e gli sventolava dietro un gran fazzoletto annodato al collo. Teneva il mantello americano ripiegato sull'arcione davanti. Dietro di lui cavalcavano il suo stato maggiore e alcuni delle Guide, Nullo tra gli altri, bellissimo nella sua divisa del '59, tutta grigia con alamari neri e galloni da sergente.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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