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      Tutti a posto e via come stormi, pigliarono quasi a volo un colle a destra brullo, ronchioso, arso dal sole. Vi si piantarono in cima ordinati.
      E di lassł, oltre una breve convalle, forse a duemila metri, videro su di un altro colle rimpetto schierato il nemico. Era un balenio d'armi che coronava la vetta gran tratto; due macchie scure parevano due cannoni; certe linee nette profilate nel fianco del colle facevano indovinare dei terrazzi sostenuti forse da muri a secco; filiere di fichi d'India rotte qua e lą si spandevano dal ciglio d'alcuni di quei terrazzi; forse nascondevano delle linee di soldati. Su di un balzo del colle sorgeva una casetta; pochi alberi grami lassł; in molti punti pareva la roccia nuda.
      Di lą da quel colle facevano sfondo alti monti. Grigio, con aspetto pił di rovina che d'abitato, si vedeva lontano in alto, a pie' d'un castello, un gruppo grande di case, che non si sapeva ancora chiamare Calatafimi. Nelle gole dei monti a sinistra formicolavano turbe di gente; le squadre partite da Salemi erano anch'esse lassł; ogni tanto vi scoppiavano delle grida.
      E quelli dall'altra parte, i napolitani, videro anch'essi e lo narrarono poi per anni. Videro quella linea che s'era formata rimpetto a loro con movimenti non soliti tra gli insorti, rotta a tratti da macchie rosse. E stupirono. Non capivano cosa volessero dire, o dubitavano che quei rossi fossero casacche di galeotti fuggiti da non sapevano quale bagno. I soldati ignoravano che fosse lą Garibaldi, ma s'accorgevano d'essere dinanzi a gente che doveva sapere star in battaglia.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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