A quell'ora se ne andavano giù dal colle nei loro tonaconi grossi, con le loro armi in spalla, seri e tranquilli, come se tornassero da aver fatto la questua tra quei soldati che avevano fame, e stavano divorando pane e cacio distribuito in fretta già quasi nel buio. Poi le Compagnie si addormentarono.
Al tocco dopo la mezzanotte la sentinella dell'avamposto verso Calatafimi diede l'alto a due persone che le venivano incontro.
- Amici, galantuomini di Calatafimi.
- Avanti. -
Tutto l'avamposto fu subito in piedi.
- Cosa volete? -
Con l'anima nelle parole, quei due galantuomini recavano che i Napoletani avevano abbandonato Calatafimi, marciando verso Alcamo, che stava di là, di là...
La notizia era lieta. Levava la gran preoccupazione di ciò che sarebbe potuto avvenire il giorno appresso. Da Palermo, a quell'ora, poteva già esser giunto per nave a Castellamare un corpo di aiuto ai vinti, e con tutta comodità aver marciato da Castellamare a Calatafimi. Ora se i Napolitani se n'erano invece andati, ciò voleva dire che a Palermo non c'era un generale che avesse occhi. Bene, bene! Quei galantuomini furono condotti da Garibaldi, che stava ben desto nella casupola sul colle, e che gli accolse con gioia. Fatta l'ambasciata, volevano tornarsene; ma egli, non li volendo lasciar esporsi a pericoli, se li tenne fino al mattino. Avrebbero marciato con lui. Ed essi non s'accorsero che forse diffidava di loro, tanto era buona e incredibile la notizia che gli avevano portato.
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Nel brivido che dà l'alba, prima ancora che le trombe suonassero le sveglie, molti di quei militi, mezzo intirizziti dalla gran guazza, giravano già pel campo a rivedere i morti.
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