Io avevo contato sulle vostre fatali baionette, e vedete che non mi sono ingannato.
Deplorando la triste necessità di dover combattere soldati italiani, debbo confessare d'aver trovato una resistenza degna di causa migliore. E questo vi mostra quanto noi potremo fare, quando l'intiera famiglia italiana sarà riunita intorno a una sola bandiera.
Domani il continente italiano sarà parato a festa, per la vittoria dei suoi liberi figli e dei nostri prodi siciliani.
Le vostre madri, le vostre amanti, usciranno nella via superbe di voi, con la fronte alta e radiante.
Il combattimento ci costò molti cari fratelli, morti nelle prime file; e nei fasti della gloria italiana risplenderanno eternamente i nomi di questi martiri della nostra santa causa.
Paleserò al nostro paese i nomi dei bravi che con sommo valore condussero alla lotta i più giovani e i più inesperti militi, e che domani li guideranno alla vittoria su altri campi, a rompere gli ultimi anelli delle catene che tengono avvinta la nostra Italia carissima.
I nemici! Ve n'erano in Calatafimi parecchi, feriti il giorno avanti e abbandonati là, perché per via avrebbero patito troppo. I vincitori andavano a trovarli nelle chiese e nei conventi, li confortavano, li carezzavano. Ed essi dicevano che non sarebbero più tornati alle loro bandiere. Cominciava già allora la fratellanza; solo qualcuno guatava bieco e mormorava sdegnoso.
Dai Francescani, prodigava la sua carità un padre Luigi, il quale fu poi amorosissimo nei giorni appresso ai garibaldini portati là da Vita, dove non c'era luogo per tenerli se non ammucchiati come nelle prime ore dopo il combattimento.
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