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      Ma tutti sentivano di trovarsi a una breve camminata da Palermo, da dove un generale un po' ardito avrebbe potuto condurre una colonna a sorprenderli; e guai se anche un'altra colonna mandata a sbarcare a Castellamare, per Alcamo e Partinico, per la via stessa che essi avevano fatta, fosse giunta alle loro spalle.
      Invece quella notte passò quieta, senz'altra noia che d'un po' di pioggia. ma all'alba, che bella sveglia! Da un'altura di quell'anfiteatro scese sul campo improvviso un suon di banda, che parve venuta dall'infinito a far una melodia nota, ma tal quale come laggiù non gustata mai da nessuno in nessun teatro del mondo, e nemmeno in cuore dal Verdi, che l'aveva creata. Era il suo bolero dei 'Vespri Siciliani'. Benedetto lui! L'anima sua tornava a soffiare l'entusiasmo in quei cuori, in quel luogo, come già sul mare da Quarto a Marsala coi canti dei 'Masnadieri', col coro del 'Nabucco' "Va' pensiero sull'ali dorate." Una voce di tenore limpida e potente s'accordò subito ai suoni, adattandovi i bei versi del 'Giovanni da Procida' del Niccolini "Le Siciliane Vergini," e qualche parte del campo applaudiva.
      Ripetuta tre o quattro volte, quell'aria dei 'Vespri' mise una grande agitazione. E non era più lo scoppio di gioia idillica d'Elena, che nel melodramma scende dalla scalea incontro al coro di fanciulle, che le portano fiori; ma passava come un vento eroico di martirio, che invitasse amici e nemici a morir insieme per la pace del mondo.
      Il piccolo esercito si levò tutto; e allora fu un andare verso un punto dove la strada consolare mette da quell'orrido passo alla vista della Conca d'Oro.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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