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      Se Garibaldi avesse guardato bene, si sarebbe accorto che le plebi lo lasciavano solo coi suoi.
      Allora il garibaldino accennò alle squadre che numerose tenevano i monti qua e là. - E chi vi dice - esclamò il monaco con voce risoluta - chi vi dice che non si aspettino qualche cosa di più? -
      Il discorso era stringente. Il garibaldino che non si voleva dar vinto, sentiva tuttavia che il monaco ne sapeva più di lui. Mirava quel volto illuminato da una fiamma che non era la sua di mazziniano, taceva un po' confuso e anche alquanto impicciolito. Poi egli e il monaco si levarono di là, si abbracciarono, e questi se n'andò. Egli discese tra i suoi con l'animo turbato e scontento. Gli pareva d'aver imparato molto in quel colloquio, e vagamente sentiva che l'unità della patria non era tutto, che la libertà avrebbe scoperto molte piaghe, alle quali poi col tempo altri avrebbe dovuto pensare. E se ne ricordò e pensò a quel monaco trent'anni dipoi, quando proprio da quella parte dell'isola parlò più alto l'antico dolore che quegli sin da quel tempo remoto sentiva.
      I borbonici all'offensivaTornando ai fatti allora presenti, i borbonici si erano svegliati la mattina del 25 maggio, certi di avere ancora in faccia Garibaldi su al passo di Renda, dove tutta la notte erano stati tenuti accesi dei grandi fuochi. Ma allo schiarirsi s'accorsero che egli non era più là. Dove mai poteva essere andato? Forse la prima supposizione fu ch'egli si fosse ritirato indietro. Non passò loro neppur per la mente che avesse fatto quella marcia inverosimile per andarsi a porre sul loro fianco in quel nascondiglio di Parco.


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Storia dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 190

   





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