E non ne seppero nulla tutto quel giorno, perché la Sicilia non dava spie, non ne seppero fino al mattino appresso, quando videro coronarsi d'armati il poggio che sorge sopra quel borgo. Certo là era lui; quelle che si vedevano non potevano essere squadre. E deliberarono di andare a trovarlo.
Il dì stesso sul vespro mossero, e parve per assalire Garibaldi in due colonne a tenaglia. Ma non era che un movimento per saggiarlo o forse per tirarselo giù nel piano. Egli aveva scelta bene la sua posizione; piantato Bixio a mezza costa col suo battaglione, il battaglione Carini aveva schierato lungo la strada che sale per quel dosso ed entra poi tra i monti verso Piana de' Greci. I cannoni erano in batteria. Tutto era pronto per ricevere i borbonici. Ma la loro ala sinistra si avanzò appena a tiro di fucile, e scambiò qualche colpo con alcuni 'Picciotti' che stavano sulle più basse falde, l'altra non si inoltrò neppur tanto. Erano dunque soltanto ricognizioni, ma volevano dire che per l'indomani si preparava qualche cosa di grosso.
E avvenne.
Alla levata del sole, un gran tratto della via da Palermo a Monreale fu visto dal Campo di Garibaldi sfavillar tutto d'armi. Pareva che i ventimila uomini del presidio fossero usciti tutti alla campagna, tanto era lunga quella traccia, la cui testa entrò nei fitti pomari e continuò a marciarvi nascosta, come s'indovinava dall'accorciarsi delle sue code.
Garibaldi, fermo nelle sue posizioni, faceva lavorar di zappa il suo Genio e la sua Artiglieria, come se si preparasse a ricevere l'assalto.
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