Lassù fu anche stabilito l'ordine della marcia; impegno delicatissimo, in cui Garibaldi seppe usare tatto squisito. Egli aveva deliberato di tentare l'assalto di Palermo dalla Porta Termini, piombando improvviso, all'arma bianca, sulla guardia quale e quanta essa fosse. Ma in ciò non poteva adoperare le squadre del La Masa, neppure quelle armate di fucile, perché non avevano baionetta. Eppure non gli pareva né prudente né giusto, privar affatto i Siciliani di quel grande onore di andar primi o almeno coi primi, alla presa della loro capitale. Perciò risolse di far marciare alla testa un mezzo centinaio di Cacciatori delle Alpi condotti dal Tukory, i quali dovevano cadere come ombre addosso alla vedetta nemica. La avrebbero trovata oltre certe case, a pie' di un altissimo pioppo. Bisognava impedire come che fosse che quel povero ignoto soldato desse l'allarme alla guardia del Ponte dell'Ammiraglio; sorte strana di un semplicissimo uomo, dalla cui piccola vita poteva dipendere tutto un mondo di cose grandi.
Dietro quel drappello doveva marciare un mezzo migliaio di 'Picciotti', poi i Carabinieri genovesi e appresso tutte le Compagnie dei Cacciatori delle Alpi. Ultimo in coda, avrebbe seguito il grande stormo.
Disposte così le cose, tutti quei corpi furono condotti a pigliar il posto loro assegnato, nei pressi del Convento che sorge lassù, per aspettarvi che imbrunisse.
I Cacciatori delle Alpi abbandonavano così quei luoghi, dove avevano passato una delle loro giornate più tormentose, sotto un sole feroce, senz'altro riparo che di poveri fichi d'India.
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