A confortar i feriti un po' dappertutto, andava il prete Gusmaroli da Mantova, e portava loro i saluti dei combattenti, e tra i combattenti tornava, serbando una calma e una pace di cuore meravigliosa. Mai che impugnasse un'arma! Essere ucciso poteva; uccidere no. Egli non voleva macchiare di sangue le sue mani di sacerdote. Andava così vendicandosi a modo suo dell'offesa che gli aveva fatto l'Austria, impiccandoli nella sua Mantova Orioli, Grioli e Speri e Poma e gli altri di Belfiore. E siccome somigliava molto ai ritratti di Garibaldi, per questo, dove appariva, i 'Picciotti', credendolo il Generale in persona, sotto i suoi sguardi gareggiavano a chi mostrasse d'aver più cuore. Egli aveva allora quarantanove anni, ma se avesse saputo quali dolori gli serbavano gli altri dodici che stette poi ancora al mondo, si sarebbe augurato di averne cento per morire se non lo volevano le palle di qualunque altra morte, ma là, ma allora. Finì nel 1872, in una misera casupola della Maddalena, dove era suo solo conforto contemplare almeno l'altra isola, quella di Garibaldi, dal cui cuore fu fatto cadere.
Bello e grande fu l'atto della 8° Compagnia che, mantenutasi più compatta delle altre per l'ostinata voglia di occupare la Cattedrale, vi riuscì finalmente alle quattordici di quel terzo giorno. Rovinava allora lì a lato con indicibile fragore il palazzo del principe Carini, incendiato da una bomba, come erano già rovinati i palazzi Cutò, D'Azzale e altri. E allora appunto, in faccia ai borbonici di Palazzo reale, quei bergamaschi invasero tutto il di fuori del tempio e dentro e su fino il campanile.
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