Garibaldi seguì. Tra via incontrarono il colonnello Carini che veniva via di là, portato su d'una barella, ferito gravemente ad un omero, e gridava di accorrere, di accorrere, che se no era finita.
Alla vista del Colonnello borbonico che sventolava un fazzoletto bianco, i Bavaresi si fermarono come d'incanto. Ma i loro colonnelli Von Mechel e Bosco, quando seppero dell'armistizio, parvero lì per lì per andare in pezzi dall'ira. Ah quel Bosco! Egli siciliano, caro per certi liberi sentimenti a' suoi amici palermitani, aveva fiutato nell'aria che la fortuna stava per passargli vicino e, smesse le buone idee, si era preparato a pigliarla pei capelli. Quel Garibaldi cui, secondo che si diceva, si era vantato d'aver mandato a sfidare a duello, egli ora si era figurato d'averlo già nelle mani. Allora sarebbe divenuto il primo uomo del regno. Che sarebbe più contato rimpetto a lui Nunziante, Ischitella, Filangeri stesso e tutti insieme i vecchi servitori e salvatori della dinastia? Era giovane, bello, prode, d'ingegno, stava per valore, nell'esercito borbonico quasi come poi il colonnello Pallavicini stette in quello di Vittorio Emanuele; Francesco II avrebbe regnato di nome, egli di fatto, e nella reggia e nel Regno sarebbe stato più che re. Ma il gran miraggio gli si dileguò in quell'istante, ond'egli rimase là alla Fiera Vecchia tempestoso. Però nella sua collera, ispirava quasi ammirazione.
Cessato anche il fuoco alla Fiera Vecchia come già per tutta la città, non si udì più che qualche colpo di qualche mal disciplinato sperduto.
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