— Volete dire i signori che abitano in quella casa grande vicino alla vostra? — disse una delle invitate — Mia madre conosce il vecchio signor Laurence, ma dice che è molto orgoglioso e non vuol far conoscenza coi vicini. Quel povero suo nipote è trattato quasi come un prigioniero; non esce che coll’istitutore e deve studiare come un cane. Lo abbiamo invitato al ballo che abbiamo avuto in casa nostra, ma non è venuto. Mamma dice che è un buonissimo ragazzo, ma con noi non ha mai parlato.
— Una volta il nostro gatto scappò nel loro giardino; egli ce lo riportò ed io approfittai dell’occasione per parlargli; eravamo giusto nel più bello del nostro discorso, quando è venuta Meg e ci ha guastato le uova nel paniere perché egli è scappato via subito. Lo voglio conoscere uno di questi giorni, perché ha proprio bisogno di qualcuno che lo rallegri, poveretto! — disse Jo fermamente. — Me lo prometti, mamma, non è vero?
— È molto gentile e compito ed ha modi signorili, perciò, se capita l’opportunità, non ho nulla in contrario — disse la signora March.
— Egli stesso ci ha portato i fiori e l’avrei invitato molto volentieri a restare, ma non ero troppo sicura di quello che facevate lassù. Pareva che avesse una gran voglia di prender parte al chiasso anche lui!
— Sono molto contenta che tu non l’abbia fatto salire — disse Jo, ridendo e guardandosi le scarpe — ma reciteremo un altro dramma a cui potrà assistere anche lui! Forse vorrà anche prendervi parte! Che bellezza sarebbe!
— Non ho mai avuto un mazzo in vita, mia!
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Laurence Meg March
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