— Laurie Laurence! Che nome curioso!
— Il mio vero nome è Teodoro, ma non mi piaceva perché i miei compagni avevano preso a chiamarmi Dora e l’ho cambiato perciò in Laurie.
— Il mio nome mi è tanto antipatico! Così sentimentale! Quanto pagherei che tutti mi chiamassero Jo, invece di Giuseppina! Come ha fatto a farsi chiamare Laurie dai suoi compagni?
— Li picchiavo ogni volta che mi chiamavano altrimenti.
— Non posso battere mia zia, perciò bisogna che mi rassegni — disse Jo, con un sospiro.
— Le piace ballare, signorina Jo? — domandò Laurie.
— Mi piace assai quando c’è molto spazio e tutti sono allegri. In un posto come questo però, ballando, sarei sicura di far cascar qualcuno, di pestare i piedi almeno ad una mezza dozzina di persone, oppure di far qualche malanno. Lascio che Meg faccia la graziosa anche per me! Lei balla?
— Qualche volta sì, ma è poco che sono tornato dal mio viaggio e non conosco ancora bene le abitudini di qui.
— Lei ha viaggiato? — gridò Jo — oh! mi racconti qualcosa dei suoi viaggi! Mi piace tanto sentirne parlare!
Laurie non sapeva che cosa dire da principio, ma le domande di Jo gli sciolsero ben presto la lingua; le disse che era stato a scuola a Vevey, dove i ragazzi non portavano mai cappelli, avevano una quantità di belle bacchettine e nelle vacanze andavano coi loro maestri a fare delle escursioni sulle montagne dalla Svizzera.
— Come piacerebbe anche a me di andarci! — riprese Jo — È stato anche a Parigi?
— Sì, ci abbiamo passato l’inverno l’altr’anno.
— Sa parlar francese dunque?
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