— Il mio solo conforto — diceva a Meg, colle lacrime agli occhi, — è che, quando sono cattiva, la mamma non mi fa delle balze negli abiti come fa la mamma di Park. È assolutamente orribile! Qualche volta ce ne sono tante che il vestito le arriva al disopra del ginocchio e non può andare a scuola. Quando penso a questa «degradazione» sento che posso sopportare anche il mio naso schiacciato ed il mio vestito rosso con le strisce gialle.
Meg era la confidente e la mammina di Amy e, per qualche strana attrazione di contrasti, Jo era la confidente e la mammina di Beth. A Jo sola la timida fanciulletta rivelava tutti i suoi pensieri: e sulla sua disordinata e spensierata sorella, Beth esercitava inconsciamente più influenza di chiunque altro. Le due sorelle maggiori si volevano un ben dell’anima, ma tutte e due avevano preso sotto la loro protezione una delle piccole, e si occupavano di loro, dando loro, con quell’istinto materno che hanno sempre le ragazze, tutte quelle cure che avevano prima prodigato alle loro bambole.
— Avete nulla da raccontare? È stata una giornata così noiosa oggi che veramente ho bisogno di qualche distrazione — disse Meg alla sera, mentre, riunite tutte insieme, cucivano le famose lenzuola della zia March.
— Ho passato una giornata veramente comica con la zia oggi: ma siccome l’ho avuta vinta io, così posso raccontarvela — cominciò Jo, a cui piaceva tanto raccontare storielle: — Leggevo oggi alla zia quell’orribile Belsham e lo facevo con la mia solita cantilena monotona per farla addormentare; leggevo dunque, così malinconicamente che mi sono quasi addormentata anch’io: anzi, una volta, ho sbadigliato tanto di gusto che la zia mi ha chiesto se non mi vergognavo di spalancar la bocca così larga da farai entrare almeno l’intiero libro — Magari lo potessi fare, almeno sarebbe finito!
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