— risposi io, cercando di non essere impertinente.
Allora è incominciata una lunga ramanzina sui miei peccati e, per finire, essa mi ha detto di stare lì ferma e pentirmi mentre lei si perdeva un momento. Per fortuna, quando si perde, non si ritrova così facilmente, perciò, appena la sua scuffia ha incominciato a dondolare, ho tirato fuori dalla tasca «Il Vicario di Wakefield» e mi sono messa a leggere a più non posso con un occhio sul libro ed uno sulla zia. Ero arrivata per l’appunto là dove cascano tutti insieme nell’acqua, quando mi sono dimenticata della zia ed ho riso forte! La zia si sveglia e, per mia fortuna, di un umore più umano dopo il pisolino; mi ordina di leggere il libro che avevo in mano per vedere quale frivola ed insipida lettura preferivo a quell’interessante ed istruttivo Belsham. Naturalmente non me lo son fatto dir due volte e lei ci ha preso gusto, benché non ne volesse convenire e non mi dicesse che questo: — Non posso capire di che cosa si tratta; ritorna da principio e ricomincia, Giuseppina.
Allora ritorno da principio, facendo del mio meglio per rendere i Primroses interessanti. Una volta ho avuto la cattiveria di fermarmi ad uno dei passi più commoventi e dire timidamente: — Temo che ciò l’annoi; devo smettere ora, signora?
Riprese d’un tratto la calza, che si era lasciata sfuggire dalle mani, diede una guardata bieca di sopra agli occhiali e disse, col suo modo aspro di parlare: — Finisca il capitolo e non sia impertinente, signorina!
— Ti disse poi che le era piaciuto?
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