La stanza era tappezzata di libri: vi erano statue e pitture, piccole scansìe piene di gingilli e di monete antiche, poltrone comode, tavolini di tutte le forme, e, nel mezzo della parete principale, un gran caminetto antico decorato di maiolica.
— Che ricchezza! — sospirò Jo, lasciandosi cadere in una bella poltrona di velluto, e guardandosi intorno con un’aria di vera soddisfazione. — Teodoro Laurence, voi dovreste essere il ragazzo più felice di questa terra — aggiunse con forza.
— Un povero diavolo non può sempre vivere di libri! — rispose Laurie, scuotendo la testa e sedendosi su di un tavolino di faccia a lei. Prima che potesse dir altro, si udì il suono di un campanello, e Jo si alzò precipitosamente da sedere esclamando: — Mio Dio! sarà suo nonno!
— Ebbene, se è mio nonno? Ha detto che non ha paura di nulla — rispose il ragazzo con malizia.
— Veramente credo che ho un po’ di paura: ma non so perché; mammina ha dato il permesso di venire e non credo che la mia venuta le abbia fatto del male — disse Jo, calmandosi un poco, ma tenendo lo sguardo fisso sulla porta.
— Sto meglio anzi e le sono infinitamente riconoscente: temo soltanto di averla fatta stancare, ma i suoi racconti erano così divertenti che non volevo farla smettere — disse Laurie con accento di gratitudine. — Il dottore, signorino — disse la cameriera entrando e facendo un segno a Laurie.
— Le dispiacerebbe se la lasciassi un momento qui? Bisogna che lo veda! — disse Laurie.
— Vada, vada, non si dia pensiero di me; sono contenta come una pasqua qua dentro — rispose Jo. Laurie uscì, e la sua ospite cominciò a divertirsi a modo suo.
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