Dopo il thè ella propose di andarsene, ma Laurie la ritenne dicendole che le voleva far vedere qualche altra cosa e la condusse nella serra. Pareva a Jo di essere in un paese incantato e passeggiava su e giù, beandosi nel profumo dei fiori ed ammirando le belle piante, la luce dolcemente diffusa e l’aria tepida e balsamica. Laurie, intanto, coglieva i più bei fiori e li legava in un magnifico mazzo, dicendo, con quell’espressione lieta che piaceva tanto a Jo: — Mi faccia il piacere di dare questi fiori a sua madre, e dirle che la medicina che mi ha mandato mi è piaciuta tanto, tanto. — Ritornati in casa, trovarono il signor Laurence che si scaldava dinanzi al fuoco nel salone, ma l’attenzione di Jo fu subito attratta da un magnifico piano a coda, aperto.
— Suona? — domandò rivolgendosi a Laurie con un’espressione di gran rispetto.
— Qualche volta! — rispose modestamente Laurie.
— Suoni qualche cosa; mi piacerebbe tanto sentirla, così potrei raccontarlo a Beth.
— Suoni prima lei qualche cosa!
— Io non so neanche mettere le mani sul pianoforte: sono troppo stupida per imparare, ma amo la musica assai, assai.
Laurie non si fece pregare: incominciò a suonare e Jo, lo ascoltava a bocca aperta, col naso nascosto tra le rose e la vainiglia. Il suo rispetto pel «ragazzo Laurence» crebbe a dismisura quando lo ebbe udito, poiché suonava molto bene e non si dava delle arie. Ella avrebbe tanto desiderato che Beth lo sentisse, ma non s’azzardò a dirlo; solamente lo lodò tanto, ch’egli diventò rosso come una melagrana ed il nonno dovette intervenirle, dicendo: — Basta, basta, signorina, troppo zucchero fa male alla salute.
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