— Signorine, attenzione!
All’ordine detto con voce stentorea, il cicaleccio terminò come per incanto e cinquanta paia di occhi bleu, neri, grigi e marroni, si volsero verso il terribile volto.
— Signorina March, venga alla cattedra.
Amy si alzò subito cercando di parere indifferente, ma un tremito segreto la colse pensando alle caramelle.
— Porti anche le caramelle che ha nel banco — fu l’inaspettato ordine, che l’arrestò prima che avesse avuto il tempo di uscire dal suo posto.
— Non le prendere tutte, mormorò una vicina, una ragazza di gran presenza di spirito.
Amy frettolosamente ne rovesciò una dozzina nel banco e poi andò a posare le altre sulla cattedra del signor Davis, pensando che un cuore umano non poteva fare a meno di raddolcirsi al profumo squisito che mandavano le caramelle: ma sfortunatamente il signor Davis detestava quell’odore ed il disgusto che provò raddoppiò la sua ira.
— Sono tutte qui?
— Non tutte — mormorò Amy.
— Porti qui immediatamente il resto.
Con uno sguardo disperato verso le compagne, ella obbedì.
— È sicura che non ne siano rimaste altre?
— Non dico mai bugie, signore.
— Me ne accorgo. Ora prenda queste porcherie e due per due le getti fuori dalla finestra.
Un sospiro così lungo, che mosse quasi l’aria, sfuggì alle povere ragazze quando l’ultima speranza fu loro tolta, e si videro strappato dalle labbra il nettare che avevano così ansiosamente aspettato. Rossa dalla vergogna e dalla rabbia, Amy andò in su ed in giù per ben dodici volte e le grida di gioia che provenivano dalla strada completavano la sua disperazione e quella delle sue compagne, poiché esse sapevano che ciò che esse avevano pregustato con tanta impazienza, cadeva in mano dei ragazzini di strada, loro nemici mortali.
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