— Che bellezza! Chi te li manda? Non sapevamo che avessi un ammiratore! — esclamarono le ragazze attorniando Meg e guardandola con curiosità e sorpresa.
— La letterina è della mamma ed i fiori di Laurie; — disse Meg, contenta che Laurie non l’avesse dimenticata.
— Oh davvero! — disse Anna con uno sguardo birichino, mentre Meg metteva la cartolina in tasca come un talismano contro l’invidia, la vanità e!’orgoglio: le poche parole le avevano fatto bene ed i fiori l’avevano rallegrata. Quasi contenta di nuovo, dopo aver messo da parte alcune rose e felci per sé, Meg fece dei bei mazzolini per le sue amiche e li offrì loro con tanta grazia che Clara, la maggiore delle sorelle, disse che era proprio un angelo di bontà e le altre la ringraziarono con vero entusiasmo. Questo atto gentile finì per dissipare ogni traccia del suo malumore, e quando tutte le altre andarono a farsi vedere dalla signora Moffat, Meg vide riflessa nello specchio, mentre si appuntava nei bei capelli le rose e si allacciava il vestito che non le pareva tanto tanto brutto ora, il volto di una fanciulla contenta con occhi scintillanti dal piacere. Si divertì immensamente quella sera, perché ballò senza tregua; tutti furono molto gentili e ricevé tre complimenti. Anna la pregò di cantare e qualcuno disse che aveva una bellissima voce: il Maggiore Lincoln domandò chi fosse «la fresca giovinetta con quegli occhi splendidi» ed il signor Moffat volle ballare più d una volta con lei perché essa «aveva molta elasticità e leggerezza e non si trascinava come le altre». Si divertì perciò moltissimo fino al momento in cui udì qualche parola che la disturbò e le guastò tutto il piacere.
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