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      Fu contenta però quando, a serata finita, ella poté starsene quieta e tranquilla nel suo letto e ripensare alle cose passate, ma tanto pensò e tanto s’agitò che la testa incominciò a dolerle e le guance furono varie volte inondate di lagrime.
      La povera Meg dormì poco quella notte ed al mattino si svegliò con occhi stanchi, un po’ irritata verso le sue amiche ed assai più verso sé stessa, per non avere il coraggio di parlare francamente e spiegare le relazioni che correvano con Laurie. Quella mattina tutte le ragazze non fecero altro che perdere tempo ed era già tardi nel pomeriggio quando esse si accinsero a lavorare un poco. Però qualcosa nel contegno delle sue amiche colpì subito Meg: le parve che la trattassero con più rispetto di prima: che prendessero più interesse a ciò che diceva e la guardassero con più curiosità del solito. Tutto ciò la meravigliava e le piaceva, benché non potesse capirne la ragione, finché la signorina Bella, alzato il capo dal foglio sul quale stava scrivendo, disse, con aria sentimentale: — Margheritina, cara, ho mandato un invito al tuo amico il signor Laurence per giovedì sera. Vorremmo conoscerlo ed è una dovuta cortesia verso di te. — Meg arrossì ma una voglia birichina di stuzzicare le ragazze le fece rispondere: — Sei molto gentile Bella, ma temo che non verrà.
      — Perché no, chérie? — domandò Bella.
      — È troppo vecchio.
      — Mia cara figliuola, ma che cosa dici! Quanti anni ha, si può sapere? — gridò la signorina Giara.
      — Quasi settanta, credo — rispose Meg, chinando il capo sul lavoro per nascondere un risolino ironico.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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