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      Ieri sera lo strappai tutto — disse Meg, cercando di parlare con naturalezza, ma sentendo che diventava rossa.
      — Perché non mandi a casa a prenderne un altro? disse Sallie che non era una grande osservatrice.
      — Non ne ho altri! — e Meg fece un terribile sforzo nel dir questo, ma Sallie non lo vide ed esclamò con amabile sorpresa.
      — Quello solo! Curioso che.... — Ma non finì la frase poiché Bella scosse la testa e l’interruppe dicendo con bontà: — Non è affatto curioso; che bisogno c’è di aver tanti vestiti quando non è stata ancora presentata in società? E poi non ci sarebbe bisogno di mandare a casa tua, anche se tu ne avessi una dozzina, Meg, perché io ho un vestito di seta celeste molto carino, che mi è diventato troppo stretto, e che non posso portare, per fare un piacere a me te lo metterai, non è vero?
      — Sei molto buona Bella, ma davvero non mi vergogno affatto del mio vecchio vestitino; per una bambina come me sta benissimo, disse Meg.
      — No! Fammi il piacere: lascia fare a me: lascia che ti vesti io! mi ci diverto tanto e scommetto che sarai una vera bellezzina!
      Meg non poté rifiutare un’offerta fattale con tanta bontà, ed il desiderio di vedere nello stesso tempo se veramente sarebbe stata «una bellezzina» vestita con gusto, la spinse ad accettare ed a dimenticare tutte le amarezze passate.
      Il giovedì sera Bella si chiuse in camera con la cameriera e, fra tutte e due, trasformarono Meg in una gran signora. Le arricciarono ed incresparono i capelli, le misero sulle braccia e sul collo della polvere odorosa, le toccarono le labbra con un po’ di corallina per farle più rosse ed Ortensia avrebbe aggiunto «un’idea di rossetto» sulle guance, se Meg non si fosse ribellata.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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