Tutta assorta nel suo lavoro, Jo scrisse finché ebbe riempito l’ultima pagina, poi fece la sua firma con un gran geroglifico e, buttando giù la penna, esclamò: — Ecco! ho fatto quello che ho potuto! Se questo non va, dovrò aspettare finché saprò qualcosa di meglio.
Appoggiando la schiena al sofà, lesse con grande attenzione il manoscritto, vi aggiunse una quantità di virgole e punti esclamativi, che avevano l’apparenza di tanti piccoli palloni, poi lo legò con un bel nastrino rosso e stette a guardarlo con un’espressione seria e pensosa, che dimostrava quanto impegno avesse messo nel suo lavoro. Il ripostiglio di Jo era una vecchia cucina di latta che era stata appesa al muro. Là dentro ella riponeva tutte le sue carte ed alcuni libri, tenendoli lontani così dai dentini acuti di Scrabble che, essendo anch’egli letterato, mangiucchiava tutti i fogli di quei pochi libri che gli capitavano sotto ai denti. Da questo ripostiglio Jo tolse un secondo manoscritto e, mettendoseli tutti e due in tasca, scese senza far rumore le scale, lasciando che i suoi amici si divertissero a rosicchiare le sue penne e ad assaggiare il suo inchiostro.
Si mise il cappello e la giacchetta, poi piano piano andò ad una finestra che dava su di un tetto bassissimo, scese sul tettino, si lasciò cadere sul morbido prato e per una via traversa arrivò alla strada maestra.
Là si ricompose, fece cenno ad un omnibus che passava; vi entrò e se ne andò in città con un’aria molto allegra e misteriosa.
Se qualcuno l’avesse osservata, avrebbe certamente trovato strano il suo modo di procedere, perché, appena scesa dall’omnibus, si avviò a grandi passi verso una casa posta in una certa strada molto frequentata e, avendo trovato finalmente la porta che cercava, entrò, guardò con curiosità una scaletta buia e nera, e dopo esser stata là ferma impalata per un momento, uscì nella strada e se ne ritornò via in tutta fretta come era venuta.
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Scrabble
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