È tutta la mattina che sgobbo sulla matematica ed ora ho proprio bisogno di un po’ di svago. È una giornata brutta, ma l’aria non è pesante e siccome devo accompagnare Brooke a casa, posso prendere qualcuna di voi. Jo, tu e Beth verrete, non è vero?
— Certamente che verremo!
— Grazie tanto, ma io ho da fare — e Meg tirò fuori il suo panierino da lavoro, perché erano rimasti intesi colla madre che, per lei almeno, era meglio non andare troppo spesso in compagnia del giovane.
— Saremo pronti subito, noi — gridò Amy, correndo in camera per lavarsi le mani.
— Posso far nulla per lei, signora mamma? — domandò Laurie con quello sguardo e quel tono affettuoso, che usava sempre con lei.
— No, grazie: ma, sì! Aspetta! Potresti passare dalla posta, se non ti dispiace. Dovrebbe esserci una lettera di mio marito ed il postino non è ancora venuto. Il papà non manca mai, ma vi sarà qualche ritardo di treni suppongo!
Una violenta scampanellata l’interruppe ed un minuto dopo, Anna entrò con un foglio in mano. — È uno di quegli orrendi «cosi» del telegrafo signora — disse porgendole un telegramma come se avesse paura di un’esplosione o di qualcosa di simile.
Alla parola telegrafo, la signora March strappò di mano alla donna il foglio, lesse le due righe che vi erano contenute e cadde riversa nella poltrona, come se una palla le avesse attraversato il cuore. Laurie si precipitò giù per le scale a cercare dell’acqua; mentre Anna e Meg la sostenevano e Jo leggeva con voce spaventata:
Signora March,
Vostro marito è gravemente ammalato.
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