— Sono venuto a domandare se sua madre ha bisogno di qualcheduno che l’accompagni. Il signor Laurence mi ha incaricato di andare a Washington e mi farebbe gran piacere se potessi esserle utile in qualche modo laggiù.
Con un «crac» le pantofole caddero in terra ed il thè fu sul punto di seguirle, mentre che Meg offriva la sua mano con tale una espressione di gratitudine sul volto che il signor Brooke si sarebbe sentito già ripagato, anche se avesse fatto un sacrificio mille volte più grande.
— Come sono tutti buoni con noi! La mamma, sono certa, accetterà con molto piacere e per noi sarà un vero sollievo il sapere che ha qualcheduno che l’accompagna. Grazie tanto, tanto.
Meg non si era accorta che parlava con tanto ardore, fino a che qualche cosa in quegli occhi castagni, che la fissavano, le fecero ricordare il suo thè che si freddava; arrossendo, fece entrare il visitatore nel salottino e corse a chiamare sua madre.
Tutto era già quasi all’ordine, quando Laurie ritornò colla lettera della zia March che racchiudeva la somma desiderata: tutte le commissioni erano state fatte; Meg e la madre erano intente ad un lavoro che dovevano finire; Beth ed Amy preparavano il thè, Anna finiva di «dare una botta» alla biancheria, come chiamava lei lo stirare e Jo non tornava a casa. Cominciarono ad essere inquieti e Laurie andò in traccia di lei, perché nessuno poteva mai sapere che cosa poteva venire in mente ai quella testa un po’ balzana.
Non la vide però; ed ella entrò in casa qualche minuto dopo, con una espressione curiosa sul volto: un misto di allegria e di timore, soddisfazione e dispiacere, espressione che meravigliò la famiglia, come lo fece il rotolo di danaro che posò dinanzi a sua madre, dicendo con un leggiero tremolio nella voce: — Ecco la mia contribuzione, mamma.
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