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      Presa dunque la risoluzione d’esser molto, molto buona, Amy volle fare il suo testamento, come aveva fatto la zia March, affinché, se per caso si fosse ammalata e fosse morta, le sue sostanze fossero giustamente e generosamente divise. In una delle sue ore di ricreazione, con un po’ di aiuto di Ester per le parole legali, ella scrisse 1 importante documento e quando la buona donna l’ebbe firmato, Amy si sentì sollevata e lo ripose con cura por mostrarlo poi a Laurie, che doveva fare da secondo testimonio.
      Quando Laurie venne a farle nel dopopranzo la solita visita ella gli disse — Voglio che tu mi faccia il piacere di leggere questo foglio e dirmi se va bene e se è in regola. Tutto considerato sono venuta alla conclusione che è meglio fare il proprio testamento poiché la vita è incerta e non voglio aver rimorsi nella tomba.
      Laurie si morse le labbra e, voltando un momento il volto, lesse il documento con gravità degna di miglior causa, considerandone specialmente la ortografia:
     
      Il mio testamento.
     
      Io, Amy Curtis March, essendo in piena coscienza delle mie facoltà mentali, lascio e delego tutta la mia proprietà terrestre divisa in questo modo:
      A mio padre le mie migliori pitture, i miei disegni, carte e lavori d’arte incluse le cornici. Anche le mie L. 100 da farne quel che crede meglio.
      A mia madre tutti i miei vestiti, eccetto il grembiulino celeste colle tasche, anche il mio ritratto e la mia medaglia con un bacio.
      Alla mia cara sorella Margherita lascio il mio anello di turchesi (se l’avrò), la mia scatola verde colle tortorelle, anche il pezzo di merletto vero ed il mio ritrattino disegnato come ricordo della «sua bambina».


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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