— Cosa parlate di ferri da stirare e di cuccioli? — chiese Meg, entrando nella stanza con in mano la lettera terminata.
— È uno dei miei soliti stupidi discorsi. Io vado a letto; vieni via, Peggy, — disse Jo alzandosi e stirando le sue lunghe braccia.
— Va benissimo ed è scritta molto bene. Aggiungi per piacere che mando i miei affettuosi saluti a John — disse la signora March mentre scorreva la lettera e la rendeva a Meg.
— Lo chiami John? — disse Meg sorridendo e fissando coi suoi tocchi innocenti quelli di sua madre.
— Sì, è stato per noi come un figlio e gli vogliamo molto bene — replicò la signora, guardando Meg con uno sguardo indagatore.
— Ne stono contenta; egli è tanto solo! Buona notte, mamma cara. È una gran gioia averti di ritorno — fu la calma risposta di Meg.
Il bacio che le dette sua madre fu molto tenero e, mentre se ne andava, la signora March disse con un misto di soddisfazione e di rimpianto: — Non ama ancora John, ma imparerà presto ad amarlo.
CAPITOLO DICIOTTESIMO
Laurie fa malanni e Jo fa la pace.
La faccia che Jo aveva il giorno dopo era proprio meritevole di studio; il segreto le pesava ed aveva un bel da fare per non darsi arie di importanza e di mistero. Meg l’osservò, ma non si prese la pena di far delle domande, perché sapeva ormai che il miglior modo di prendere Jo era quello di trattarla colla legge dei contrasti; era perciò sicurissima che se non avesse chiesto nulla, avrebbe prima o poi saputo tutto. Fu quindi abbastanza: meravigliata quando si accorse che non solo il silenzio perdurava ma che Jo prendeva delle arie protettrici che facevano proprio arrabbiare Meg.
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