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      Si ambisce nelle tirannidi, perché ella vi somministra i mezzi di soddisfare alle private passioni; di sterminatamente arricchire; di vendicare le ingiurie e di farne, senza timor di vendetta; di beneficare i più infami servigj; e di fare in somma tremare quei tanti che nacquero eguali, o superiori, a colui che la esercita. Né si può in verun modo dubitare, che nella repubblica, e nella tirannide, gli ambiziosi non abbiano questi fra loro diversi disegni. Già prima di acquistare l'autorità il repubblicano benissimo sa che non potrà egli sempre serbarla; che non potrà abusarne, perché dovrà dar conto di sé rigidissimo ai suoi eguali; e che l'averla acquistata è una prova che egli era migliore, o più atto da ciò, che non i competitori suoi. Così, nella tirannide, non ignora lo schiavo, che quella autorità ch'egli ambisce, non avrà nessun limite; ch'ella è perciò odiosissima a tutti; che lo abusarne è necessario per conservarla; che il ricercarla attesta la pessima indole del candidato; che l'ottenerla chiaramente dimostra ch'egli era tra i concorrenti tutti il più reo. Eppure codesti due ambiziosi, queste cose tutte sapendo già prima, senza punto arrestarsi corrono entrambi del pari la intrapresa carriera. Ora, chi potrà pure asserire che l'ambizioso in repubblica non abbia per meta la gloria più assai che la potenza? e che l'ambizioso nella tirannide si proponga altra meta, che la potenza, la ricchezza, e la infamia?
      Ma, non tutte le ambizioni, hanno per loro scopo la suprema autorità. Quindi, nell'uno e nell'altro governo, si trova poi sempre un infinito numero di semi-ambiziosi, a cui bastano i semplici onori senza potenza; ed un numero ancor più infinito di vili, a cui basta il guadagno senza potenza né onori.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120