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      Il primo ministro perciò facilmente persuade poi a quel tiranno di legno, di cui ha saputo farsi l'anima egli, che tutte le violenze e crudeltà ch'egli adopera per assicurare se stesso, necessarie siano per assicurare il tiranno. Accade alle volte, che, o per capriccio, o per debolezza, o per timore, il tiranno ritoglie ad un tratto il favore e l'autorità al ministro; lo esiglia dalla sua presenza; e gli lascia, per singolare benignità, le predate ricchezze e la vita. Ma questa mutazione non è altro, che un aggravio novello al misero soggiogato popolo. Il che facilmente dimostrasi. Il ministro anteriore, benché convinto di mille rapine, di mille inganni, di mille ingiustizie, non discade tuttavia quasi mai dalla sua dignità, se non in quel punto, ove un altro più accorto di lui gli ha saputo far perdere il favor del tiranno. Ma, comunque egli giunga, ei giunge pure in somma quel giorno, in cui al ministro è ritolta l'autorità e il favore. Allora bisogna, che lo stato si prepari a sopportare il ministro successore, il quale dee pur sempre essere di alcun poco più reo del predecessore; ma, volendosi egli far credere migliore, innova e sovverte ogni cosa stabilita dall'altro, ed in tutto se gli vuole mostrare dissimile. Eppure costui vuole, e dee volere (come il predecessore) ed arricchirsi, e mantenersi in carica, e vendicarsi, e ingannare, ed opprimere, ed atterrire. Ogni mutazione dunque nella tirannide, così di tiranno, che di ministro, altro non è ad un popolo infelicemente servo, che come il mutare fasciatura e chirurgo ad una immensa piaga insanabile, che ne rinnuova il fetore e gli spasimi.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120