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      Quel tiranno che nei secoli addietro se ne stava disarmato, se gli sopravveniva allora il capriccio o il bisogno di aggravare oltre l'usato i suoi sudditi, soleva per lo più astenersene; perché mormorandone essi o resistendogli, pensava che gli sarebbe necessario di armarsi per fargli obbedire e tacere. Ma ai tempi nostri, quell'autorità e forza, che il padre o l'avo del presente tiranno sapeano bensì d'avere, ma non se la vedeano sempre sotto gli occhi; quell'autorità e forza viene ora ampiamente dimostrata al regnante da quelle tante sue schiere, che non solo lo assicurano dalle offese dei sudditi, ma che ad offenderli nuovamente lo invitano. Onde, fra l'idea del potere nei passati tiranni, e la effettiva realità del potere nei presenti, corre per l'appunto la stessa differenza, che passa tra la possibilità ideale d'una cosa, e la palpabile esecuzione di essa.
      La moderna milizia, colla sua perpetuità, annulla nelle moderne tirannidi l'apparenza stessa del viver civile; di libertà seppellisce il nome perfino; e l'uomo invilisce a tal segno, che cose politicamente virtuose, giuste, giovevoli, ed alte, non può egli né fare, né dire, né ascoltar, né pensare. Da questa infame moltitudine di oziosi soldati, vili nell'obbedire, insolenti e feroci nell'eseguire, e sempre più intrepidi contro alla patria che contro ai nemici, nasce il mortale abuso dell'esservi uno stato di più nello stato; cioè un corpo permanente e terribile, che ha opinioni ed interessi diversi e in tutto contrarj a quelli del pubblico; e un corpo, che per la sua illegittima e viziosa istituzione, porta in se stesso la impossibilità dimostrata di ogni civile ben vivere.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120