CAPITOLO SECONDO.
COSA SIA IL PRINCIPE.
Ma, prima d'ogni altra cosa, per intendersi, e spiegarsi, mi par necessario il definire esattamente le due parole, che saranno per così dire il continuo perno di questo trattato. E, dovendo io definire cosa intender si voglia per principe; dico, che ai tempi nostri la parola PRINCIPE importa: Colui, che può ciò che vuole, e vuole ciò che più gli piace; nè del suo operare rende ragione a persona; nè v'è chi dal suo volere il diparta, nè chi al suo potere e volere vaglia ad opporsi.
Costui, che in mezzo agli uomini sta come starebbe un leone fra un branco di pecore, non ha legami con la società, se non quelli di padrone a schiavo; non ha superiori, nè eguali, nè parenti, nè amici; e, benchè abbia egli per inimico l'universale, le forze tuttavia sono tanto dispari stante l'opinione, che si può anche asserire che egli non abbia nemici. Costui non si crede di una stessa specie che gli altri uomini; e veramente troppo diverso dee credersi, poichè gli altri tutti, che hanno pure (quanto all'apparenza almeno) e faccia e atti e intendimento umano, soggiacciono a lui ciecamente, e nell'obbedirlo fan fede ad un tempo e della loro inferiorità, e della di lui maggioranza. Costui, per lo più poco avvezzo a ragionare, e molto meno a pensare, non conosce e non prezza altra distinzione fra gli uomini, che la maggior forza: e non la forza di corpo, (che egli per se non ne ha niuna) ma la forza che sta nella opinione dei molti uomini esecutori venduti delle principesche volontà. Il principe vede soggiacere a lui qualunque merito, qualunque dottrina, qualunque virtù, che in eminente grado distinguano l'un uomo dall'altro: il dotto non meno che l'ignorante, il coraggioso non men che il codardo, il fortissimo non men che il più debole; tutti egualmente egli vede tremare di lui: quindi, senza sforzo veruno d'ingegno, il principe fra se stesso conchiude, (e ottimamente conchiude) che l'uomo veramente sommo è quel solo, che comanda e atterrisce un maggior numero d'altri uomini.
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Colui
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