Posato questo principio, giustissimo nel capo di chi regna, verrà dunque il principe a stimare se stesso sopra ogni cosa, e ad accarezzare, e proteggere infra il suo branco quei soli che più l'obbediscono, e che più s'immedesimano nelle di lui opinioni.
CAPITOLO TERZO.
COSA SIANO LE LETTERE.
Ma, che sono elle le vere lettere? Difficilissimo è il ben definirle: ma per certo elle sono una cosa contraria affatto alla indole, ingegno, capacità, occupazioni, e desiderj del principe: e in fatti nessun principe non fu mai vero letterato, nè lo può essere. Or dunque, come può egli ragionevolmente proteggere, e favorire una sì alta cosa, di cui, per non esserne egli capace, difficilissimamente può farsi egli giudice? E se giudice competente non ne può essere, come mai rimuneratore illuminato può farsene? per giudizio d'altri. E di chi? di chi gli sta intorno. E chi gli sta intorno?
Se le lettere sono l'arte d'insegnar dilettando, e di commuovere, coltivare, e bene indirizzare gli umani affetti; come mai il toccare ben addentro le vere passioni, lo sviluppare il cuore dell'uomo, l'indurlo al bene, il distornarlo dal male, l'ingrandir le sue idee, il riempirlo di nobile ed utile entusiasmo, l'inspirargli un bollente amore di gloria verace, il fargli conoscere i suoi sacri diritti; e mille e mille altre cose, che tutte pur sono di ragione delle sane e vere lettere; come mai potranno elle un tale effetto operare sotto gli auspicj di un principe? e come le incoraggirà a produrlo, il principe stesso?
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