Ora io domando: Que' Tolomei in Egitto, questi Luigi, o Carli, o Franceschi in Europa, volevan eglino esser meno obbediti, che quel Maometto? nol credo: ma stimavano essi, che alla obbedienza dei sudditi, o niente, o pochissimo nuocessero e gli scrittori, ed i libri.
Né i principi nostri, in ciò credere, s'ingannavano punto, visto i moderni tempi ed i costumi europei. Questi nostri costumi, che ogni cosa a mezzo ci danno; che coll'educazione indeboliscono sempre a metà la natura, e colla metà della rimanente natura corrompono e annichilano spesso quanto avrebbe operato la educazione; questi stessi costumi, dai quali non può andare esente il principe, poichè vi è nato egli pure, lo costituiscono un ente, che non si accorda mai con se stesso. Ed in fatti, egli riunisce contradizioni massime e perenni; egli vorrebbe e non vorrebbe; egli è feroce, ed umano; despota, e privato; e mille altre cose miste, e contrarie tutte fra loro: da cui nondimeno sempre ne risulta l'intero nostro obbedire e tremare; e il non esser noi, per dir vero, nè Egiziani nè Turchi, ma nè tampoco Romani, nè Greci.
CAPITOLO DECIMO.
NON POTENDO IL PRINCIPE ESTIRPARE AFFATTO LE LETTERE, GLI GIOVA PARERNE IL RIMUNERATORE,
E L'APPOGGIO.
I viaggi, il commercio, e l'arte del cambio, hanno emancipato per così dire gli abitatori d'Europa: quindi i nostri padroni e pedagoghi politici non ci possono più tenere come bambini del tutto. In oltre, il rimanervi alcuna picciola parte d'Europa, in cui l'uomo nasce, o libero, o meno oppresso, sforza anche i più risoluti oppressori ad osservare alcuni indispensabili risguardi coi sudditi.
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