Per la stessa ragione egli farà benissimo di fingere di onorare gli scrittori morti, col ristamparli; ancorchè tali siano, che se avessero scritto a tempo suo sotto lui, gli avrebbe egli, potendo, piuttosto soffocati, che non mai dati in luce. In tal guisa perverrà forse il principe a persuadere ai più, che egli non teme l'effetto di una certa libertà di scrivere e di pensare. E quella stessa apparente sua non curanza sarà anche uno scoraggimento grandissimo a chi sperasse di farsi un nome liberamente pensando e scrivendo; perchè una certa persecuzione contro ai libri fortemente e luminosamente veraci, costituisce per lo più la base della loro prima fama; e quindi maggiormente e più presto propagandogli, assai più utili in minor tempo li può rendere.
CAPITOLO UNDECIMO.
QUALI PREMII GIOVI PIÙ AL PRINCIPE DI DARE AI LETTERATI.
Insorta dunque a poco a poco in Europa questa classe d'uomini, che si assume l'incarico, pensando e scrivendo, di far pensare gli altri; e che, comunicando a tutti le proprie idee, perviene pure a spandere fra molti una semi-luce; i principi, che ereditariamente si assumono l'incarico d'impedir di pensare, si sono di necessità ritrovati nemici degli scrittori. Ma la vicendevole paura (come in tante altre occorrenze umane il vediamo) gli ha tosto rapprossimati. Gli autori, come già accennai, mossi dal bisogno dal timore e dalla vanagloria, per acquistar fama subita, ancorchè non durevole; i principi, mossi da vanità, dal timore d'essere con ingegno derisi smascherati e screditati per sempre, per parer buoni, e per non potere in fine altrimenti operare, attesa la gran piena presente de' letterati: sono queste, o mi pajono, le ragioni vere, per cui questi fra loro naturali nemici si vengono a cangiare in protettori e protetti.
| |
Europa
|