Ma, se nel mio primo libro ho insegnato (per così dire) ai principi, non i mezzi per distruggere o impedire le lettere, che a loro già erano in parte ben noti, ma le ragioni che ad essi suggeriscono codesti piccoli, eppur finora efficaci mezzi; ragioni ignote a loro stessi, benchè dei mezzi si vagliano; ragioni ignote a molti dei sudditi, benchè gli effetti ne provino: mi appresto ora a scriverne un secondo, in cui alquanto più distesamente esporrò i mezzi a mio parere migliori, affinchè i pochi scrittori che veramente meritano d'esser liberi, vengano in parte o del tutto ad uscire dai vergognosi ceppi, che allacciando loro l'intelletto e la penna, la loro fama impediscono, o guastano
CAPITOLO PRIMO.
SE I LETTERATI DEBBANO LASCIARSI PROTEGGER DAI PRINCIPI.
Lo scrivere, è una necessità di bisogno in molti; e questi per lo più non possono essere veramente scrittori, nè io li reputo tali: lo scrivere, è una necessità di sfogo in alcuni; e questa, ben diretta, modificata, e affatto scevra di ogni altro bisogno, può spingere l'uomo ad essere quasi che un Dio.
Spessissimo però accade (pur troppo!) che i sommi ingegni nascono necessitosi di pane. Né io certamente imprendo qui a fare l'apologia dei ricchi; i quali anzi, per lo più nascono di assai meno robusta natura, così di corpo, come d'ingegno: vorrei bensì persuadere e convincere gli scrittori tutti, che non possono essi mai ottenere gloria verace con fama intatta e durevole, nè quindi mai cagionare utilità vera e massima nei loro lettori, se il loro scrivere non riesce alto, veridico, libero, e interamente sciolto da ogni secondo meschino fine.
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Dio
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