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      Non credo ingiusta una tale esclusione; ed i fatti mel provano. O i grandissimi scrittori erano agiati per se stessi; o erano contenti della loro povertà; o, se da ciò sono stati diversi, essi sono stati meno grandi di tutto quel più, che a loro è toccato di fare per migliorar la propria fortuna. E chi togliesse a Virgilio le lodi d'Augusto, e dei Cesari; all'Ariosto e al Tasso le Estensi; e a tanti altri scrittori le adulazioni tutte, o i timidi loro riguardi, non accrescerebbe egli di gran fatto la gloria agli autori, e ai lettori di gran lunga la luce, il diletto, e l'utilità?
      Io spingo tant'oltre questa totale indipendenza necessaria all'autore per ottimamente scrivere, che ardisco asserire; che se i principi, attese le loro circostanze educazione e costumi, potessero pur mai pervenire a ben conoscere gli uomini, e a bene imparare ed eseguire alcuna cosa qualunque; i principi, dico, mediante la loro totale indipendenza, e mediante il non-timore di verun altro individuo più potente di loro, potrebbero senza dubbio essere gli scrittori per eccellenza: perchè nessun rispetto, prudenza, o timore gli sforzerebbe a tacere, o ad alterare la verità; ogniqualvolta però fosse loro stato possibile di superare in se stessi la innata loro avversione per essa; e ogniqualvolta avessero sortito dalla natura un'indole generosa, e capace di svelare quelle stesse verità che sarebbero a loro dannosissime. Ma, siccome questo non potrebbe esser mai, mi si perdoni una tale chimerica supposizione, da me introdotta come un semplice esempio; di cui pure alquanto valendomi, verrò nel mio intento.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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