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      Chi però ci assicura, che a Catone, ad Ennio, a Lucrezio, ed ai popoli loro coetanei avrebbero piaciuto più gli scritti di Virgilio e d'Orazio che non i loro propri? Niuno certo ardirà asserire, che Lucrezio fosse uno sciocco, rispetto a Virgilio: ma pure quella enorme differenza che passa fra loro, nella fluidità, armonia, e varietà del verseggiare, a qual ragione attribuire si dovrà? alla ripulitura della favella, risponderanno i moderni: alla corruzione dei costumi, avrebbero risposto gli antichi; alla snervatezza degli animi, alla pestifera influenza di una assoluta dominazione.
      Tuttavia, non volendo io mettere innanzi, nè sostener paradossi, ammetterò che la perfezione degli scrittori, quanto all'eleganza e sottigliezza dell'arte, possa esser quella che vien giudicata tale da uomini di gusto sottile, usi al conversare, e, per lo molto servirsi dei sensi loro, inventori e scopritori di molte nuove e quindi più deboli sensazioni. Che se il capo d'un popolo rozzo e selvaggio, vedendolo in qualche imminente pericolo, volesse indurlo a una ostinata difesa, e destarlo a furore; egli per certo non ci dovrebbe impiegare altre parole, che quelle in cui fosse semplicissimamente esposto il fatto. "Costoro ci sono nemici da gran tempo; a ciascuno di noi hanno ucciso a chi il padre, a chi il fratello, a chi il figlio. Se non ci difendiamo con forza e valore maggior del loro, uccideranno anche noi; prederanno le case nostre; faranno schiavi i nostri figli; contamineranno le nostre mogli.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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