Tra il principe dunque e il letterato vero, che facciano e sappiano amendue l'arte loro, non vi può essere comunanza, nè reciprocità, nè armonia, nè assolutamente legame nessuno giammai.
CAPITOLO QUINTO.
DIFFERENZA TOTALE CHE PASSA, QUANTO ALLA PROTEZION PRINCIPESCA,
FRA I LETTERATI E GLI ARTISTI.
Ma un'altra classe d'uomini sublimi a me si appresenta, che io chiamerei letterati muti. Questi, con tele, bronzi, marmi, o altri simili, grandissima fama acquistano a se stessi, e moltissimo diletto, misto pur anche d'alcuna utilità, procacciano altrui. Costoro, come imitatori anch'essi, e ritrattori della natura, vanno quasi del pari coi letterati. Le opere loro vengono poste in cielo dall'opinione universale, e dagli stessi scrittori; i più grandi tra essi vengono paragonati ai maggiori letterati. Si dice in oltre, e si crede, che l'impulso dei sommi artisti fosse assolutamente lo stesso che quello degli scrittori: talchè, a stringere in una parola, le arti e le lettere sarebbero una cosa stessa; e tra Michelangelo, e Dante non passerebbe altro divario che d'aver l'uno spiegato i suoi sensi con lo scarpello e pennello, l'altro con la penna e l'inchiostro.
Agli artisti sublimi io tributo quel rispetto e ammirazione tutta che loro è dovuta; ma non penso interamente così. E volendo io investigare il fonte di questo moderno e tardivo entusiasmo, che si professa per le arti assai più che per le lettere, principalissima cagione di esso ritrovo pur anche essere l'assoluta potenza, che non teme in nulla le arti, e quindi le favorisce; mentre le temute lettere disturba, se può, o almeno le svolge, o le discredita, o le impedisce.
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Michelangelo Dante
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