Ma pare, che anche l'arti stesse, smentendo in questo nostro secolo la loro dipendente natura, concorrano a gara con le lettere a schernire la protezion principesca; poichè in questi tempi, ove elle sono pur tanto ricompensate, incoraggite, e protette, elle negano assolutamente di dare nessun sommo artista, mentre pur tanti ne diedero allorchè assai meno ci si pensava.
Ma tornando al mio tema, che è di provare la differenza che passa fra l'arti e le lettere, dico, e sempre dirò; che un ottimo quadro non volta però mai il foglio; onde egli è pur sempre un assai minore sforzo d'invenzione, di composizione, di condotta, di giudizio, di combinazioni, di abbondante e maturo pensare, di quel che lo sia un buon libro qualunque, e massimamente un poema: quindi è pur sempre assai minore l'effetto, che egli produce nell'animo altrui. Che se in vece dei libri antichi greci e latini, pervenute ci fossero soltanto le greche pitture e sculture, noi certamente saremmo ignorantissimi e barbari; poichè la vera grandezza dei Romani sta nelle cose che di loro ci narra Tito Livio, e non già nel Panteon, o nel Colosseo: anzi le opere grandiose, e perciò di gran costo, fanno sempre fede di un'assoluta sterminata autorità, di molto ozio politico, e di gran corruzione. Le altre imprese, al contrario, e gli uomini che le condussero, fanno fede di un popolo libero e grande.
Perciò, anche ammettendo che uno stesso impulso per diversa via spinga e il sublime artista e il sublime scrittore, si dee pure sempre anteporre l'opera di colui che ha trascelto la più utile, la più durevole, difficile, e pericolosa impresa.
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