Da codeste loro stesse moltiplicate e giuste doglianze, io dunque ne ritraggo la certezza, che gli uomini per lo più, anche riflettendo, e conoscendo, e palpando la vera cagione delle cose, pure ci si ingannano poi se medesimi; e rimane lor dubbio tuttavia se sappiano essi o no, che pur vi si ingannano. Questo accade semplicemente, perchè i più degli uomini non vogliono riconoscere nel presente il passato, e nel passato l'avvenire: o, per dir meglio, perchè non vogliono essi per lo più veder altro che il presente, ed anche male osservarlo.
E la ragione trivialissima, messa in campo da tutti; che il presente ci tocca assai più da presso; non si può assolutamente tollerare in bocca di nessun artefice di cose grandi: d'un uomo cioè, in cui suppongo, e deve albergare, una nobile e ardentissima fiamma d'amor di gloria, la quale, se non sola, almeno prima motrice a lui sia. Che se il poeta, l'oratore, o lo storico, o il filosofo, ardiscono pur pronunziare, ch'essi hanno bisogno di pane, con viso giustamente adirato rispondono loro i non vili: "E perchè dunque, abbisognando di pane, non vi destinaste voi da prima ad una qualche opera servile di mano? più certo era il pane; non era infame il mezzo; e non avreste così dovuto arrossire in riceverlo".
Ma, ben mi avveggo che dai più degli uomini, sotto il nome sacrosanto di pane, si ricercano, e vogliono acquistarsi molti superflui comodi. Così, sotto il nome di fama, null'altro si va cercando dai più che un'aura passeggiera di vana glorietta, per cui correndo il loro nome per bocca dei loro contemporanei, accarezzati e considerati da essi ne vengano.
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