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      Al contrario lo scrittore sublime, tutto in se stesso, ed in se solo, trovando; fabro egli solo della propria grandezza, non meno che dell'utile altrui; alle seguenti età tramanda eternamente la viva sua fama, non quasi un vuoto nome, ma corroborata e giustificata dal proprio libro.
     
     
      CAPITOLO NONO.
     
      SE SIA VERO, CHE LE LETTERE DEBBANO MAGGIORMENTEPROSPERARE NEL PRINCIPATO, CHE NELLA REPUBBLICA.
     
      Ragionando io da sì gran tempo di letterati e di principi, mi si para naturalmente innanzi una questione che par meritare capitolo da se; benchè molte parti di essa io ne sia venute accennando nel corso di questo libro secondo. "Le lettere, debbono elle veramente più prosperare nel principato che nella repubblica? e, se così è, quale ne può essere la trista e lamentevole cagione? il difetto di tal cosa sta egli nelle lettere stesse, o nei letterati, o nei popoli fra cui, e per cui questi scrivono?"
      Di queste cose tutte, quanto potrò più brevemente sviluppandole, discorrerò. Ecco da prima, che se ai fatti ricorro, trovo pur troppo, che dei quattro secoli, in cui con lunghi intervalli fiorirono le lettere, tranne il primo e il più fecondo, quello di Atene libera, gli altri tre furono senza dubbio promossi e per così dire covati dai principi di cui conservano i nomi. Quindi, se imprendo ad esaminare la non lunga rassegna degli altissimi scrittori d'ogni nazione e d'ogni secolo, trovo il numero dei nati in principato per lo meno eguale al numero dei nati in repubblica; e la loro eccellenza trovo pur anche divisa; ma non però tanto, che la vera e massima eccellenza (cioè la massima utilità) non si debba originare quasichè tutta dai letterati nati in repubblica.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





Atene