Gradatamente poscia ritrovo la seconda e minore eccellenza presso i nati in principato, ma non fattisi nè lasciatisi proteggere. La terza ed infima eccellenza finalmente ritrovo per lo più negli scrittori nati schiavi, rifattisi poi doppiamente schiavi; e, come tali, pagati, inceppati, e protetti.
E venendo agli esempj, se fra gli scrittori tutti noi poniamo in prima riga i sommi filosofi, che, come padri d'ogni lume, ci si debbono di necessità collocare; bisogna pur confessare, che questi erano tutti Greci; cioè liberi: e non erano, nè Egizi, nè Indiani, nè Persj, nè Assirj. E bisogna aggiungere, che non solamente erano liberi, ma anche sprotetti, e spesso anzi perseguitati. Tali furono Socrate, Platone, e Pittagora. A questi tre seguita e cede, a parere del retto giudizio, Aristotile; che la macchia d'essere stato pedagogo di Alessandro, e d'esserne nato suddito in Stagira, non poco pure oscurare dovea la sua fama fra i Greci, e alquanto forse la sua filosofia indebolire e minorare.
Ma non credo necessario di annoverare i tanti e tanti altri filosofi capi-setta, di cui la Grecia libera abbondò, per darla interamente vinta per questa parte di letteratura alle repubbliche. Lo investigare altamente le cagioni delle cose, e principalmente le morali, non fu, nè potea esser mai l'arte, non che promossa e protetta, ma nè pur tollerata ne' suoi cominciamenti, dal principe; il quale, fra le cagioni d'ogni male politico, non può ignorare d'esser egli la maggiore e la prima.
Se la filosofia seguitiamo traspiantata di Grecia in Italia, i veri romani filosofi troviamo pure essere stati quasi tutti anteriori ad Augusto: Panezio, Varrone, Lucrezio, Catone; ed in ultimo, maggiore di tutti, il gran Tullio; figlio, a dir vero, di morente repubblica, ma scrittore pure, e pensatore, non degno di nascente tirannide.
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