Pagina (86/165)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
     
     
     
      CAPITOLO DECIMO.
     
      QUANTO IL LETTERATO È MAGGIORE DEL PRINCIPE, ALTRETTANTO DIVIENE EGLIMINORE DEL PRINCIPE E DI SE STESSO, LASCIANDOSENE PROTEGGERE.
     
      La maggioranza del letterato sul principe consistendo, più che in ogni altra cosa, nella intima conoscenza ch'egli ha del principe e di se stesso, non potrà veramente esser egli il maggiore, se per intima convinzione egli il maggior non si reputa. Ma tale non potrà riputarsi per certo, se egli colle opere sue non arreca, o non tenta di arrecare agli uomini assai più vantaggio, che il principe non arrechi lor danno. Ora, uno scrittore che così opera e pensa, non potrà assolutamente mai soggiacere alla protezione di chi egli crede (e con ragione) essere tanto minore di se; di chi egli odia, come facitore di cose contrarie alle sue; di chi egli spregia, come privo per lo più d'ogni virtù, d'ogni lume, e d'ogni ingegno; di chi in somma egli teme e abborrisce, come esercitatore di una soverchia potenza, la quale è morte d'ogni verità e di ogni sublimità in qualunque uomo sconsigliatamente a lei si avvicina.
      Con questa giusta e precisa idea del principe e di se stesso, il letterato potrà egli mai seppellirsi in tanta vergogna, coprirsi di tanto obbrobrio, quanto fia quello che giustamente a lui tocca, se egli riceve o mendica ajuti o sostegno da una persona temuta, abborrita, e sprezzata non poco da tutti, e sovranamente da lui? Gli scrittori dunque che così non ragionano, oltre la infamia, ben ampia pena del volontario loro errare ne riportano; così in se stessi finchè son vivi, come nei loro libri; ove pure i lor libri rimangano.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165