Mi giova perciò l'investigar brevemente quali siano codesti premj, e chi dargli e chi riceverli possa.
Premj, che non siano gloria, e che pure non la vengano a contaminare con la loro mistura, altri non so vederne, fuorchè certi onori, tributati, quasi a nome di tutti, dagli uomini, costituiti in una legittima dignità, a chi se ne sia fatto degno. Questi onori, che mi pajono essere i soli veraci, sono raramente concessi nelle repubbliche; perchè l'autorità essendovi divisa e permutabile in molti, non v'è mai fra i dignitarj una tale persona e sì grande, (parlo di estrinseca grandezza) che venga stimato un onore appo gli uomini il sederglisi accanto, il coprirsi, il mangiare alla mensa sua, o simile altra principesca puerilità. Oltre ciò, le repubbliche volendo, e con ragione, che ogni loro individuo cooperi all'atto pratico del presente vantaggio, hanno tenuto per lo più gli scrittori per una gente oziosa e poco utile. E in fatti, le lettere possono parere meno utili assai in una sana repubblica, dove gli uomini son buoni già dalle giuste e ben eseguite leggi, che non in un principato dove già sono pessimi dal servire. Ma, per una trista fatalità, elle possono nondimeno più facilmente allignare là dove il bisogno di esse è molto meno incalzante. Ove però le repubbliche volessero pur dare alcuni onori a chi ottimamente scrive, innegabile è ch'elle sole li potrebbero dare veraci. Se Sofocle, per esempio, avesse ottenuto dalla sua città, per legge vinta, di sedersi infra i più alti magistrati, o alcun'altra simile distinzione; essendo una tale particolarità accordata dai molti là dove i molti negarla o impedirla poteano, vero ed importantissimo onore, nobile e sovrano premio si dovea un tal privilegio riputare.
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Sofocle
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