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      Nč si possono le cariche o dignitą esercitare a dovere, senza abbandonare, o sospendere e guastare gli studj. Non č dunque scusabile mai, nč merita gloria quell'uomo, che sprezzatore si fa della propria arte. E si avverta, che le Muse sdegnose non sublimano mai sovra gli altri colui, che non le apprezza e sublima sopra ogni cosa.
      Dolce e grandioso spettacolo sarebbe stato, se Atene, in vece di uccidere Socrate, lo avesse fatto sedere pubblicamente in mezzo agli arconti, senza esserlo: cosģ, se gl'Inglesi avessero a Locke e a Milton assegnato luogo in parlamento, senza formalitą di elezione, nč esercizio di carica alcuna; ma ivi collocatili, quasi nazionali gemme, degne di rilucere tra il fiore di un colto e libero popolo. Sono questi gli onori, che per essere parte di schietta gloria, potrebbero soli desiderarsi e riceversi dai letterati, senza veruno loro minoramento.
      Se io potessi insegnar precetti di cosa non degna, circa agli altri premj tutti possibili ad ottenersi dal principe, a quei letterati, che poco degni di un tal nome volessero pure ottenerne alcuno, consiglierei che accettassero quelli soltanto, i quali pił dalla persona del principe allontanandoli, meno d'alquanto gli avvilirebbero. Ma, tra i premj e gli onori tutti che il principe puņ dare allo scrittore, il primo, il sommo, il solo che desiderare degnamente dallo scrittore si possa sia questo: "Che il principe, non togliendogli il pensare ed il dire, non approvi, non impedisca, e non legga i suoi libri."
     
     
     
      CAPITOLO DECIMOTERZO.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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