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      Ma questo triplice incalzante esempio di Dante, Petrarca, e Boccaccio, che non fiorirono sotto nessun principe, più che niun altro è atto a terminar la questione. La lingua toscana si è fatta colossale in mano di questi tre grandi, che per proprio impulso scrivevano, e non protetti: nelle loro mani riuniva questa lingua in se stessa la maggiore eleganza e delicatezza alla maggior brevità ed energia: ed ecco che la toscana, come la greca, perfezionavasi senza macchia di protezione. Ma nei due secoli susseguenti l'italiana letteratura essendo dai protettori traviata, poco o nulla si accrebbe la lingua quanto alla nuda eleganza, e tutto perdè quanto al sugo, brevità, e robustezza. In oltre, questi stessi tre sommi scrittori mi vagliano anche per una viva prova della immensa superiorità degli ingegni sprotetti sopra i protetti, A volersi convincere di quanto questi tre, e massime Dante, soverchiassero tutti i nostri seguenti scrittori, sì pel robusto pensare e forte sentire, che pel libero e ardito inventare, e per la eleganza e originalità di locuzione, credo che basti il metter loro a confronto l'Ariosto ed il Tasso come i due migliori che a quelli succedessero. E lascierò anche giudice colui, che sarà il più parziale di questi, se ci sia in essi cosa, e massime quanto alla locuzione e al concepire, che si possa agguagliare all'Ugolino, e ai tanti altri squarci non meno perfetti, ma meno conosciuti, di Dante; ovvero, ai perfetti sonetti, canzoni, e squarci dei trionfi del Petrarca.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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